Messaggio per la Quaresima 2020 del nostro Pastore.

Messaggio per la Quaresima 2020 Mercoledì delle Ceneri «A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Se la fede non è seguita dalle opere, in sé stessa è morta. Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Lettera di Giacomo, 2, 14 ss.) Carissimi, sulla traccia indicata dalla Parola di Dio, possiamo orientare il cammino del tempo di Quaresima che si apre davanti a tutti noi, quale opportunità di grazia rigenerante in una continua conversione del cuore, a livello personale, ecclesiale e sociale. Abbiamo vissuto il Convegno Ecclesiale Diocesano riportando al centro della comune attenzione il tema della Fede nel suo stretto rapporto ai contesti di vita: una fede che si incarna, dona senso e qualità alla vicenda quotidiana, al punto da trasfigurarla, soprattutto nelle sue forme problematiche, complesse e laceranti. Il rapporto tra fede e vita, l’intimo legame di coerenza tra la fede annunciata/professata e la sua evidenza nello stile di vita è certamente un elemento decisivo di questo appello alla conversione. Siamo chiamati, con vera disposizione del cuore, a dare evidenza, nello stile ordinario di vita, alla verità del nostro dirci cristiani, seguaci di Colui, Gesù Cristo Signore, che attraverso la concretezza delle sue opere, dei suoi gesti, ha manifestato la verità della sua fede in Dio, il Padre, e ha reso evidente la motivazione del suo affidamento incondizionato a Lui soprattutto nei momenti di grande prova e di offerta totale di sé. Non si deve attendere la grande prova per sperimentare e trovare la forza del fiducioso affidamento, ma si è chiamati al costante e quotidiano esercizio, nel vissuto della fede, in un impegno che apre all’affidamento fiducioso a Dio soprattutto quando sembra lontano, avvolti come siamo dalla nube oscura dell’angoscia e della prova, inattesa e inspiegabile. In questa nube si sperimentano disorientamento, confusione, prostrazione, fino alla possibilità di essere precipitati nella disperazione, condizione estrema che da soli generiamo e che sembra cancellare ogni sentiero di speranza. 2 Siamo chiamati con maggiore attenzione e cura ad esercitare il cuore, centro del dinamismo della nostra vita, per poter meglio leggere la realtà, la sua vera trama, e riconoscerla nella sua evidenza, rilevando le tracce di una Presenza che dispongono alla fiducia e all’affidamento. Non basta desiderare di uscire dalla nube oscura, è necessario mettersi in cammino, attraversandola, avvertendo tutta la fatica del sopportare il peso di questa fatica, lasciandoci però attrarre e guidare dalla Voce della Presenza che chiama e orienta il nostro insicuro cammino. Lentamente siamo condotti a concentrarci su questa Voce e non sui nostri pensieri che imprigionano cuore e vita, fino ad avvertire il conforto, la Presenza che dà forza nel cammino, liberandoci dall’ansia delle difficoltà che rendono gravosa e problematica la vita. La differenza di chi vive la fede, nel vero affidamento e riconoscimento della presenza di Dio, non è rilevata da una vita semplificata, senza ostacoli o prove, ma dal modo di vivere con semplicità le inevitabili contraddizioni del quotidiano. La prima opera che la fede genera nel vissuto sinceramente affidato a Dio è la semplificazione del cuore nell’affrontare la vita: ci aiuta ad occuparci della vita, senza che le occupazioni divengano pre-occupazione. Questo sentiero della semplicità, innanzitutto interiore, avrà il suo riverbero in tutte le faccende della nostra giornata, superando pregiudizi e resistenze. Condurrà a saper ricentrare il cuore in Chi è la nostra forza e speranza: Gesù Cristo, il Signore. Con Lui riscopriremo, anche tra le difficoltà, come la vita conservi tutta la sua bellezza, di cui comunque si deve essere grati. Il cammino quaresimale è offerto ora a tutti perché la vita ritrovi il suo cuore, la sua essenzialità e semplicità, riconosciuta e accolta come dono da vivere in modo grato e riconoscente. Siamo chiamati, ora, all’esercizio che allena il cuore per renderlo abile e pronto alla vita. Preghiera, digiuno e carità sono le condizioni per ritrovare fiducia e affidamento in Dio e per poter convertire il cuore dalla condizione di dispersione e di ansia, al reale abbandono in Dio. La Preghiera: dialogo del cuore con il Signore Gesù, intenso e profondo, alimentato dalla consapevolezza che il suo Spirito, fonte di vita, permea il nostro cuore fino a renderlo sereno e disponibile, paziente ma determinato; il Digiuno, esercizio di libertà che conduce a vivere la signoria di sé e non la schiavitù, l’asservimento, nelle varie dimensioni della persona; la Carità, segno effettivo di una progressiva attenzione centrata su noi stessi e su coloro che condividono il nostro cammino, soprattutto se fragili e bisognosi; una carità che riconosce il volto del nostro Io, nell’Io che è l’altro, che attende la nostra considerazione e la fraterna cura. Le tre condizioni di esercizio – preghiera, digiuno e carità – si dovranno calare, concretamente e quotidianamente, in un dinamismo di conversione che fa abbandonare il sentiero della dispersione interiore, che porta a confondersi tra le difficoltà, per ricentrare il cuore nel cammino del fiducioso affidamento a Dio, e concentrarsi su quello che di positivo è presente in ogni prova. Con l’esercizio della preghiera, del digiuno e dei segni di carità, possiamo cambiare le condizioni interiori che hanno determinato il disorientamento nella vita, fino a rendere inoperosa la fede in uno stile di vita insensato e inefficace, di fatto incapace di sottrarci alle prove che in quel modo volevamo evitare e da cui fuggire. Se la fede non si immerge nella vita, difficilmente potrà trasfigurarne la sostanza: le stesse invocazioni rivolte a Dio, se maturate in questa prospettiva sbagliata, potranno trovare esito secondo le nostre attese e pretese. È necessario esercitarsi personalmente, in una lotta interiore che contrasta la tentazione dell’egoismo, dell’autoreferenzialità, con l’aiuto di queste tre dimensioni che sapranno 3 lentamente, ma progressivamente, convertire il cuore al suo autentico orientamento verso la qualità della vita in Dio, trino ed unico, provvidenza e sostegno del nostro cammino tra le vicende quotidiane. Se la dispersione del cuore, reso prigioniero dall’ansia delle prove e delle difficoltà, è il frutto naturale di uno scivolamento nel negativo, causato dal venticello della distrazione; la conversione del cuore, nel ricentrare lo stile di vita in un vero affidamento alla volontà amorevole di Dio, ha bisogno di un costante impegno per ritrovare capacità di discernimento e di scelta e così rendere effettivo il rapporto tra fede e vita. La dispersione tra le vicende quotidiane è frutto di un progressivo passaggio attraverso la diversio, distrazione e confusione del cuore che si stacca dal suo centro vitale e si perde in tante cose, spesso inutili, completamente assorbito dalle cose e dalle vicende; la a-versio, vero e proprio sradicamento, decentramento, progressivo allontanamento da ciò che costituiva il fondamento della nostra fiducia e l’alimento che dava forza nell’affrontare la vita e le inevitabili difficoltà; per approdare, alla fine, alla avversio, avversione: disagio interiore, maturato nelle due precedenti situazioni diviene stile di vita, effettivo contrasto, avversione verso la fede e i valori fondanti la vita, secondo l’esempio di Gesù Cristo, tanto da preferire scegliere riferimenti alternativi che portano lontano dalla fede in Lui e addirittura la contrastano. Dobbiamo perciò essere vigilanti: è facile cadere, in modo più o meno consapevole, in questa negativa trasformazione del cuore e della vita. La conversione del cuore, offerta come chiamata all’impegno nella fede, è un processo, molto faticoso e lento, che ha bisogno di vera disposizione, di desiderio e grande volontà, nel cercare di procedere sul sentiero dell’autentico ritorno a sé stessi e verso la semplificazione della vita. Anche questo impegno di volontà e cuore è una progressione che passa attraverso la conversione, decisione della volontà di ricentrare lo sguardo su Chi chiama alla vera vita e attende il ritorno a casa, ben oltre limiti e fragilità; attrazione, che si evidenzia dapprima come nostalgia della bellezza, pacata e serena, di quanto prima abitava il cuore e poi come necessità, bisogno di ritrovare la casa e abitarla nella serenità e nella gioia dell’incontro; conformazione, vera e propria immersione nel cuore di Chi ci attrae, ci chiama a ritrovare la bellezza dell’mmedesimazione, la condivisione dei sentimenti, della volontà, del cuore e della vita. Questo ritorno a casa in un cuore che si immedesima, nella profondità dell’amore ricevuto, accolto e ricambiato, genera uno stile di vita in cui si vede la trasparenza della vera fede in Dio: il cuore si fida e si affida totalmente a Colui che riconosce nell’amore incondizionato e fedele, malgrado limiti e fragilità. Si scopre, in modo sorprendente e paradossale, che questo amore, ricevuto e riconsegnato, è riconoscibile anche e soprattutto nel cuore delle prove più dure e delle difficoltà più laceranti: la prova dura, in questa immedesimazione del cuore, si trasforma come vera e propria opportunità in cui è possibile mostrare l’intensità dell’amore, la sua qualità e la volontà di non vederlo disperso tra le proprie paure: attratti e assorbiti nel cuore di Cristo, viviamo la pienezza del suo amore, in noi, fino a trasformare la sostanza delle prove, che malgrado non perdano la loro crudezza lacerante, di fatto non hanno la potenza e non sono in condizione di cambiare in negativo la nostra vita. Carissimi, diamo tempo al cuore in questo tempo di grazia! Esercitiamoci con vera dedizione e grande volontà, ma lasciamoci guidare non dal solo nostro desiderio di ritorno a casa, potrebbe anche questo nascondere ancora un sottile egoismo di ricerca del proprio benessere e non dell’amore, che è sempre appello e dono. Dobbiamo riscoprire in questo 4 desiderio di ritorno, di conversione, la presenza effettiva, nel cuore e nella vita, di Colui che, con sincero amore, ci attende per abbracciarci e stringerci a Lui, quando siamo ancora nei nostri abiti infangati dal cammino, tra fragilità, supponenze e pretese. Alziamo lo sguardo e riconosciamoci in questo accogliente amore: la Sua voce che chiama, alimenta il desiderio del ritorno e dona forza, sostegno nel cammino verso casa. La sua voce è la Parola, il Verbo umanato, che guida i nostri passi e dona trasparenza alla volontà e al cuore. Ascoltiamo cosa dice in questo tempo, giorno per giorno; seguiamolo e, affidandoci, camminiamo sul sentiero dell’amore e della autenticità della vita. Nella semplicità amorevole del vivere il quotidiano, non solo riconosciamo la sua presenza, ma ritroviamo l’equilibrio tra le vicende e la capacità di riconoscere, con gratitudine, il dono di chi comunque ci accompagna nella complessa trama della vita, fatta di serenità e prove, esaltazione e delusione, consolazioni e desolazioni. Si potrà sperimentare, con la Sua presenza e con quella di chi condivide il nostro cammino, che tutto concorre al bene in un cuore che sa volere bene e vuole veramente il bene. Il frutto fecondo, come sole che irradia il mattino dopo il freddo e le tenebre della notte, non è solo il ritrovato calore del proprio cuore, ma la gioia, semplicemente umana, di una ritrovata voglia di fraternità, di amicizia e sincera condivisione. Desidero però, con l’immagine così cara ad Agostino, consegnare questo serio avvertimento: non si può mescolare in un recipiente aceto e miele; ne nasce il disgusto e la repulsione! Bisogna svuotare il recipiente dell’aceto, ripulirlo e poi riempirlo di miele. Solo allora si potrà gustare tutta la vera dolcezza di questo alimento che dona energia e vitalità. Il nostro cuore è spesso colmo di molto aceto, di asprezze, amarezze e disgusto, che inquinano tutto il corpo, indebolendolo; bisogna ripulirlo! Questo è il tempo di grazia per poter svuotare il cuore di ciò che ha generato disgusto, dispersione, forse anche avversione, per riempirlo del miele della condivisione di un amore che rigenera e trasforma la vita: la dolce amicizia di Cristo Gesù che non vuole toglierci il cuore dal petto, piuttosto desidera condividere i nostri pensieri, le nostre fatiche e, con tante piccole presenze quotidiane, condividere il suo amore, donando nuovo entusiasmo nella vita.

Gesù Cristo è il Signore, nostra unica speranza.

Sessa Aurunca, 26 febbraio 2020

+Orazio Francesco Vostro padre nella fede

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